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JODI.ORG: un sito che è un'opera d'arte by Valentina Tanni
JODI.ORG: un sito che è un'opera d'arte

C'è un aspetto di Internet che forse pochi conoscono: il suo uso come mezzo per la creazione artistica. Sulla cosiddetta net art (nota anche come computer art, web art o new screen art) c'è ancora molto scetticismo e probabilmente pochi tra quelli che usano disinvoltamente queste definizioni sanno davvero di cosa si tratta.


sabato 15 aprile 2000
I fraintendimenti nascono dalla difficoltà di distinguere tra semplici digitalizzazioni di opere preesistenti e veri lavori d'artista, creati appositamente con e per la Rete. Si può infatti parlare di net art solo quando il World Wide Web diventa il mezzo, la tecnica e il luogo di presentazione delle ricerche creative. Jodi.org è forse il progetto più noto e originale tra i moltissimi lavori artistici fruibili on line. Entrare nel sito http://www.jodi.org dà l'immediata impressione di essersi persi per strada, di aver cliccato un tasto sbagliato; un brivido percorre la schiena al pensiero che il proprio computer possa essere andato in tilt. Vediamo comparire sul monitor ammassi di caratteri apparentemente senza senso su compatti fondi verdi, rosa o blu che sembrano errori tipografici, codici incomprensibili. Si procede quindi a caso, scovando parti cliccabili che il più delle volte non fanno altro che rimandare a pagine altrettanto enigmatiche: una serie di binari morti.
Joan Heemskerk e Dirk Paesmas sono la fantomatica coppia di artisti che dal 1995 gestisce il progetto Jodi, riscuotendo successo e approvazione, come testimoniano la vincita del Webby Award nel 1988 e la partecipazione a Documenta, equivalente tedesco della nostra Biennale.
L'obiettivo dei due sembra quello di sovvertire tutti i criteri di compilazione delle pagine Web; la loro home page è infatti quanto di più lontano si possa immaginare da un sito informativo: non è utile e non è user-friendly. Joan e Dirk dichiarano di voler contrastare la seriosità della tecnologia, soprattutto l'edulcorato ottimismo dell'high-tech corporativo ed è per questo che i caratteri e l'impostazione generale del sito ricordano chiaramente i pc di prima generazione (ricordate i caratteri verdi su fondo nero?).
I due net-artisti sono stati spesso accostati agli hackers e hanno circolato voci insistenti sulla presunta dannosità dei loro programmi, ma questo progetto non ha niente a che fare con il sabotaggio telematico; quello di Jodi è semmai un hackeraggio della mente. Heemskerk e Paesmas non fanno altro che giocare e mostrare con ironia l'impalcatura di caratteri, incomprensibili ai più, che sta dietro al nostro comodo desktop, con le sue simpatiche icone. Ci costringono così a prendere confidenza con il "rovescio" della tecnologia, con le viscere del pc, tra il groviglio di cavi e numeri.
Il progetto è vasto, estensibile, in continuo movimento; è infatti impossibile esplorarlo tutto e i percorsi sono sempre nuovi. Durante la prima settimana dell'attacco NATO in Serbia, ad esempio, l'home page di jodi riportava una lettera dai toni paranazisti, che invitava la NATO a colpire altre città europee oltre a Belgrado. Se invece si andava a controllare il document source, cioè l'html della pagina, appariva un avviso ancora più provocatorio che tradotto suona più o meno così: "Questo aereo ha compiuto un'operazione illegale e sarà abbattuto. Se il problema persiste contattate il venditore dell'aereo." Si trattava di uno scherzo ispirato ad un avviso che i ragazzini di Belgrado dai rifugi mandavano in giro per il mondo via e-mail.
Attualmente potete scaricare dal sito un surreale gioco chiamato SOD che è perfettamente in linea con lo stile degli interventi precedenti. Tutto rigorosamente in bianco e nero, con una grafica minimale e volutamente arcaica, SOD è un gioco di cui non capirete lo scopo, né la tecnica di assegnazione dei punti, ma questo è il suo fascino. Quando si tratta di jodi non è il caso di sforzarsi di capire il meccanismo, perché le cose non funzionano mai secondo logiche lineari e ci si può abbandonare alla casualità e al fascino della deriva.

Valentina Tanni

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